sabato 19 settembre 2015

La rivolta di una donna



In sala da oggi, 17 settembre, «Per amor vostro» di Gaudino, uno dei titoli più belli in concorso a Venezia, premiato con la Coppa Volpi a Valeria Golino. L’Italia di santi, opportunismi e canzonette narrata negli occhi e nella testa della protagonista
In sala arriva oggi il film di Giu­seppe Gau­dino in con­corso alla Mostra di Vene­zia, Coppa Volpi alla sua magni­fica pro­ta­go­ni­sta, Vale­ria Golino, la nostra attrice migliore, e uno dei titoli più forti del con­corso vene­ziano — ne abbiamo par­lato e ci tor­niamo per soste­nerlo, che è dav­vero da non per­dere.
Un film libero, emo­zio­nante, unico di un regi­sta che non ha paura di rischiare, di osare, di rac­con­tare le sue sto­rie e di amare in modo asso­luto il suo per­so­nag­gio anche quando si rifu­gia in illu­sioni peri­co­lose, tra­gi­che neces­sa­rie a soprav­vi­vere. E che non ha per­duto l’energia e il desi­de­rio di fare il suo cinema, per­so­na­lis­sima miscela di «alto» e basso», nou­velle vague e sce­neg­giata con la stessa inno­cenza che aveva diciotto anni fa, ai tempi di Giro di luna tra terra e mare, il suo primo film nar­ra­tivo di cui qui ritro­viamo alcune inven­zioni visionarie.
Per amor vostro, scritto insieme a Isa­bella San­dri e a Lina Sarti, e del quale il mon­tag­gio di Gio­giò Fran­chini coglie il respiro, è la sto­ria di una donna nar­rata dal pro­fondo del suo cuore, dei suoi occhi, dei suoi incubi, delle ango­sce e del dolore che virano tra una vita in bianco e nero e i colori accesi di fan­ta­sie e ricordi, ico­no­gra­fie di santi e di folli, di pec­cato e reden­zione, di farsa e di tra­ge­dia sopra e den­tro le viscere della città in cui si svolge, Napoli. Dove il Vesu­vio si tinge di scuro e il mare è ani­mato come il gorgo di una fiaba nera (l’animazione è dello stesso Gau­dino) e libera miti e leg­gende medi­ter­ra­nee che somi­gliano a una sce­neg­giata o a una can­zo­nette della vec­chia tivvù (le musi­che sin­to­niz­zate sul sen­ti­mento sono di Epsi­lon Indi).
Anna, una povera «capa­sciac­qua» è figlia, moglie, madre, ruoli che per lei sono diven­tati come sta­zioni di una pas­sione quo­ti­diana senza appa­rente riscatto. Da ragaz­zina la mamma l’ha man­data in rifor­ma­to­rio per sal­vare il fra­tello ladrun­colo – «Devo pen­sare a tutta la fami­glia» — lei pic­cola e fem­mina se la sarebbe cavata con pochi anni, il marito usu­raio la minac­cia, è un delin­quente ma si sente il migliore. I geni­tori le chie­dono soldi, i figli fanno la loro vita, col ragazzo sor­do­muto ha un legame spe­ciale pure se lui non sop­porta vederla farsi pren­dere a schiaffi da padre, che la figlia invece adora.
Poi c’è l’amico Ciro, che le ha inse­gnato il mestiere di gob­bi­sta per gli attori di lacri­mose fic­tion tv (è il sem­pre fan­ta­stico Sal­va­tore Can­ta­lupo) divo­rato dai debiti di gioco, minac­ciato di morte, vuole un pre­stito, è dispe­rato. Si sistema tutto ripete Anna, glielo hanno detto di con­ti­nuo nella sua vita vis­suta «per amor vostro» in cui tutto è una cosa da niente pro­prio come si sente lei. L’ unico che la guarda in modo diverso è la stella della tele­no­vela (Gian­nini) ma stai attenta le dice l’amico, sarà feli­cità o un’altra chimera?
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Amore è una parola che nes­suno mi dice più sospira. Sarà un nuovo amante la via di fuga per riscat­tare infine se stessa? Eppure da pic­cola era una ragaz­zina spa­valda e senza paura, le mona­che la face­vano volare appesa un filo con le ali spen­nac­chiate dell’angelo e la colomba in mano il giorno dell’Assunta, e lei sfi­dava qual­siasi paura. Poi la vita, un certo oppor­tu­ni­smo l’hanno pie­gata: ne hanno fatto quasi una santa sem­pre pronta a met­tersi da parte. Oggi vive in bilico su un perenne abisso che risuc­chia le sue emo­zioni, sospesa nel vuoto di un salto che non rie­sce più a fare, non da sola almeno, con­fusa negli improv­visi guizzi di libertà.
Gau­dino come un mago, un alchi­mi­sta di saperi anti­chi e pre­ziosi mescola i mate­riali, prende il rea­li­smo e lo tra­sforma in fiaba, uni­sce in un fra­seg­gio colto e raf­fi­nato fan­ta­smi, tra­di­zione popo­lare, sedu­zioni tele­vi­sive in una linea nar­ra­tiva, il romanzo di una donna e la con­qui­sta di un suo spa­zio dell’«io», che prende la forma intensa del suo essere, la scala cro­ma­tica dei suoi sen­ti­menti. E senza truc­chi, ma con pura «mera­vi­glia» rende nelle imma­gini la prima per­sona che si denuda sul mondo, i suoi con­flitti e la sua fragilità.
La mac­china del presa coin­cide coi pen­sieri più segreti della pro­ta­go­ni­sta, il mondo che vediamo è quello della sua anima che acco­glie tutti gli umori e le nega­ti­vità per tra­sfor­marli in amore. Non usci­remo mai da lei, dal suo sguardo, dal movi­mento dei suoi pen­sieri: tutto è lì in quella testa e in quel corpo che si tra­scina nella corsa quo­ti­diana, coi capelli tirati via in fretta, e il viso bello che nes­suno guarda.
«Volevo che al pub­blico arri­vasse l’esperienza di una donna che per troppo tempo ha vis­suto senza pren­dere posi­zione, nell’incertezza di come e quando inter­ve­nire fin­ché non trova il corag­gio di un gesto di rot­tura» ha detto Gau­dino a Vene­zia dopo la pro­ie­zione del film. Per que­sto la sto­ria di Anna è una sto­ria attuale, pre­sente, comune ma non troppo di ribel­lione e desi­de­rio di feli­cità. Una sto­ria sem­plice e oscura come le vite di chi si mette nell’ombra e finge di nulla, pre­fe­ri­sce non sapere da dove arri­vano le cose, i soldi, e la rab­bia della gente intorno. E a que­sta ribel­lione con­tem­po­ra­nea, civile, etica, Gau­dino da una forma che rompe –pro­prio come fa la sua eroina, per­so­nag­gio unico nel cinema ita­liano che con­cede ancora poco spa­zio alle donne nar­rate fuori dalle con­ven­zioni — con le abi­tu­dini di un cinema «impe­gnato» che rac­conta la realtà tra reto­rica dei buoni sen­ti­menti, frasi con­fe­zio­nate, scrit­tura, docile e ammaestrato.
Sarà per que­sto che Per amor vostro è stato accolto con distanza, un po’ come tutto quel nostro cinema che spiazza i canoni, e di diverte a respi­rare libe­ra­mente, salvo poi lamen­tarci della medio­crità nazio­nale? Eppure la realtà di Anna è la nostra, è un pezzo del nostro pre­sente e insieme è uni­ver­sale. Ci si può cre­dere e stare accanto a lei.


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